Acrilammide negli alimenti
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L’acrilammide è un composto chimico che si forma tipicamente in alimenti ricchi di amido come le patate, i cereali e i prodotti da forno (pizza, toast, biscotti) quando vengono cotti ad alte temperature, superiori ai 120°C (frittura, cottura al forno e alla griglia) e anche durante lavorazioni industriali come la tostatura dei cereali e del caffè a temperature di oltre 120°C e con scarsa umidità.
Come si forma?
La reazione chimica che determina la formazione di acrilammide è chiamata Reazione di Maillard, ovvero quella reazione che dà il colore più scuro alla crosta del pane per esempio: quando gli zuccheri semplici e gli aminoacidi, naturalmente presenti in alimenti amidacei, vengono scaldati ad elevate temperature si combinano e determinano la formazione di nuove sostanze che conferiscono l’aroma e il profumo tipico di abbrustolito. In particolare però, in presenza dell’aminoacido asparagina questa reazione porta alla formazione di acrilammide. Questa sostanza può essere generata anche da diversi usi industriali non alimentari ed è presente nel fumo di tabacco.
Quanta ne ingeriamo?
Nel 2016 l’EFSA ha cercato di stimare a quanta acrilammide alimentare si è esposti per tipo di cibo:
- Per gli adulti i principali responsabili dell’assunzione alimentare di questa sostanza sono i prodotti fritti a base di patate (fino al 49 % del totale), seguiti dal caffè (34 %) e dal pane morbido (23 %).
- Per i bambini e gli adolescenti la fonte principale di acrilammide è rappresentata, anche in questo caso, da prodotti a base di patate fritte (fino al 51 %), seguiti da dolci e pasticceria (15 %), pane morbido, biscotti e cereali da colazione; negli adolescenti si notano anche patatine e snack (11 % e alimenti trasformati a base di cereali (fino al 14 %).
Quali sono i suoi effetti?
Dal primo studio pubblicato nel 2002 si è cercato di comprendere quanto la produzione di acrilammide attraverso la cottura e la lavorazione degli alimenti, e il successivo consumo, potessero influenzare la salute e il rischio oncologico in particolare.
Finora gli studi condotti su esseri umani hanno fornito prove limitate e discordanti dell’aumento del rischio di sviluppare tumori. Tuttavia, gli studi sugli animali da laboratorio hanno dimostrato che l’esposizione a dosi molto elevate di acrilammide attraverso la dieta aumenta la probabilità di sviluppare mutazioni geniche e tumori in vari organi.
Sulla base di questi studi, gli esperti dell’EFSA hanno ribadito le valutazioni secondo cui la presenza di acrilammide negli alimenti può aumentare il rischio di cancro per i consumatori in tutte le fasce d’età e anche se ciò vale per TUTTI i consumatori, è l’infanzia la fascia d’età maggiormente esposta, in relazione al ridotto peso corporeo rispetto agli adulti.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l’acrilammide tra i “probabili cancerogeni per l’uomo”, mentre l’EFSA (l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare), pur dichiarando che il rischio è molto basso, invita a limitarne il consumo.
Come ridurne l’assunzione?
Ad oggi sappiamo che le quantità di acrilammide alimentare che si dovrebbe consumare perché il rischio diventi preoccupante sono incompatibili, verosimilmente, con una alimentazione varia ed equilibrata. Nonostante sia impossibile eliminarla totalmente prodotti amidacei, è tuttavia consigliabile evitare di esporvisi inutilmente, dato che non esiste una dose soglia al di sotto della quale non è riconosciuto nessun rischio.
La scelta degli alimenti, la loro conservazione, la lavorazione e il metodo di cottura possono influenzare notevolmente la formazione di acrilammide negli alimenti e di conseguenza l’esposizione delle persone.
Ecco qualche semplice suggerimento per limitarne la formazione negli alimenti:
- Evita i cibi bruciati;
- Varia le modalità di cottura preferendo bollitura e cottura al vapore;
- Scegli varietà di patate coltivate in terreni poveri di zolfo così che accumulino un contenuto inferiore di asparagina;
- Preferisci le patate novelle e NON conservarle in frigorifero per evitare che aumenti in contenuto di zuccheri dovuto alla depolimerizzazione dell’amido;
- Evitare l’eccessiva tostatura del pane, specie se integrale o di segale;
- Consuma pane ben lievitato
e.. “Don’t burn it, lightly brown it!”
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BIBLIOGRAFIA